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Palinuro: la polena e L’Eneide
Ottobre 5, 2011 on 1:51 pm | In Personali |LA MORTE DI PALINURO (5. 835 - 871)
Ormai l’umida Notte aveva quasi toccato la meta nel mezzo
del cielo, i marinai rilassavan le membra nella placida quiete
sdraiati sotto i remi lungo i duri sedili,
quando il Sonno scivolando leggero dagli eterei astri
smosse l’ aria tenebrosa e cacciò le ombre,
cercando te, Palinuro, portando a te innocente i tristi
sogni; il dio si sedette sull’alta poppa
simile a Forbante e versa con la bocca queste chiacchiere:
“Palinuro di Iasio, le stesse acque portan la flotta,
le arie spirano costanti, è dato tempo al riposo.
Poggia la testa e ruba gli stanchi occhi alla fatica.
Io stesso un poco affronterò i tuoi doveri per te.”
A stento alzandogli gli occhi Palinuro dice.
“Vuoi forse che io ignori il volto del placido mare
ed i quieti flutti? Forse che io mi fidi di questo mostro?
Affiderei forse Enea? Tante volte ingannato da arie
fallaci e dall’imbroglio del cielo sereno?”
Dava tali risposte, fisso ed attaccandosi mai lasciava
il timone e teneva gli occhi sotto le stelle.
Ecco il dio scuote sopre entrambe le tempia un ramo
inzuppato di rugiada letea e drogato di forza
Stigia, scioglie, a lui esitante, gli occhi natanti.
Appena la quiete improvvisa aveva rilassato le prime membra,
quando saltandogli sopra, divelta una parte della poppa,
lo gettò nelle limpide onde col timone
a capo fitto e spesso invocante invano i compagni;
egli alato, volando, si alzò leggero nell’aria.
Non di meno la flotta corre una rotta sicura
imperterrita per le promesse del padre Nettuno s’avanza.
Ed ormai trasportata raggiungeva gli scogli delle Sirene,
un tempo difficili e bianchi per le ossa di molti,
allora le rocce risuonavano roche lontano per il mare incessante,
quando il padre capì che la nave ondeggiando errava, perduto
il pilota, lui stesso la resse nelle onde notturne
molto gemendo e colpito in cuore dalla morte dell’amico:
“O Palinuro, fidatoti troppo del cielo e del mare
sereno, nudo giacerai su sabbia ignota”.
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